L’INFINITO MONDO

A Eugenio e Tonino,
antiche anime sicane

In tutto questo rumore pensare è diventato uno sfrenato lusso. Il mediatico e foto-fonico-politico fracasso annichilisce il ragionamento, obnubila le menti come ingurgitassimo dosi di super-alcolici. Rumore di fondo che ottunde, ingorgonisce li pensieri che si fanno coatti, ossessivi e appunto paralizzanti.

L’avvelenamento degli spiriti e dei sentimenti allontana vieppiù dalla evidenza lucida dei fatti. Nell’arcaissimo e pre-tecnomediatico dialogo a tu per tu: 1 a 1, 1 a 2, 1 a 3, 1 a 4, 1 a 5… 2 a 2, 3 a 3, nel dialogo, macari nel dissenso e nel dialettico scontro, si annida l’unica distensiva soluzione possibile.

Ecco allora che in un giorno d’agosto ricostruivi mentalmente e dialogicamente le dinamiche dell’incontro felice e imprevedibile – reale, anche se nato da un banale social facebook message – con Tonino prima, poi con i Sicani del Monte Saraceno, ed in seguito con Eugenio. Nell’amicizia che ne scaturì, la rigogliosa sorgente stagionale, che sempre si rinnova.

Incontro naturale conseguente alla antica passione – e quindi originariamente infantile – per il diletto archeologico, per l’odore sorgivo della terra grassa smossa dall’aratro che smotta a casaccio li cocci funebri, nei campi antichi del metapontino magnogreco. Campi dove Padre ti portò che eri bimbetto. Quella volta che fermando l’auto todesca lungo la strada scendesti fra le zolle a fare field working for the first time in your life.

Il coccio archeo-keramico emerse come diamante, come perla rara, come frammento dell’Infinito Mondo stratificato sotterraneo. Oggetto cognitivamente determinante al pari dell’Infinito Mondo astronomico dei meteoriti che vedevi infrangersi quando penetravano luminescenti e galileiani nell’atmosfera terrestre, nelle notti d’agosto, agli inizi degli anni ’70 del secolo XX.

Atteniamoci agli stratificati fatti, sopra e sotto il cielo:

Sempre caro mi fu questo ermo Monte che s’erge estrusivo e accuminato nella Valle dell’Hymera/Salso meridionale. Costone calcareo che adesso l’arabesco nome di Muculufa porta, ignota vetta sicana dove cresce rigogliosa la gialla ferla e l’ispido cardo, alto svetta il finocchietto selvatico, strisciante s’insinua la nepitella odorosa. Montagna sacra ai popoli del bronzo antico, originale fucina ceramica dell’astrattismo, riposo pipistrellare per le anime sempiterne degli antichi cacciatori/raccoglitori/agricoltori che taddaririte s’annidano nelle dismesse gallerie minerarie sulfuree, mistico e oscuro mistero del tempo senza tempo.

Nelle vaste grotte degli antichi abitarono sino a poco tempo fa sedicenti eremiti, auto-frati che lasciarono tracce in loco del loro stare per ben tre anni, depositarono altresì evidenze nel mediatico fracasso youtubico, a testimonianza dell’arroganza talebanica ingannevole del pensiero superficiale, egocentrico post-contemporaneo, ammantato di manifesta pseudo-religiosità.

Ignari forse dell’importanza archeologica delle petrose cavità materne in cui riposavano i sicani antichi, detti auto-frati portarono seco i segni di una cristianità rabberciata, fatta di frasi fatte, immaginette e santini che logori restano ancora affissi alle pareti della grotta grande ad oriente, come nella pseudo-chiesetta,  mai ufficialmente consacrata, ma da detti auto-frati definita tale.

Così discutevi dei fatti pregressi con Antonino ed Eugenio antiche anime sicane; con Maurizio parlavi del di lui nonno che alle vette della Muculufa sulfuree aveva impegnato parte della sua vita e alla Muculufa aveva dato l’estremo saluto. Così discorrevi anche con Alessandro che da Milano era giunto apposta per salire sull’erto Monte. Accussì dialogavi in grotta dello Infinito Mondo sotterraneo e di quello celeste che alla Muculufa esortano il viandante all’ascetica meditazione, dopo la salita erta allo Monte che apriva di spine e cardi la nostra pelle.

Poi, nella discesa sicura in groppa ai cavalli motore da soma, sostavate sul ponte dell’Hymera/Salso e ivi leggevate il manifesto di Colui che con penna ignota esortava alla nettezza del Mondo con linguaggio diretto, erratico, definitivo e popolare senza inutile interpunzione sintattica. Ivi si affermava, senza tema di smentita, che colui che insozza lo Mondo Tutto, spazzatura UGUALE E’!

Lascia un commento