LE CITTA’ DEI MORTI PARLANTI

Fummo eccitati fantasmi,
cuori in disordine

per le vie del mondo
e il tempo incompreso fluire

Filippo Tornanbé

Pena muta. Atteniamoci ai fatti. Attieniti alla sera in cui giunse la notizia dell’esplosione. Deflagrazione da sacca cavernosa di gas sotterra. Sottosuolo in Sicilia, 11 dicembre 2021. La scintilla fece poi d’un tratto deflagrare ogni cosa. Ravanusa, centro Sicilia. Valle dell’Imera meridionale. Ore 20:30. Muto silenzio. Dal silenzio si passò alla Pena Muta che il lutto induce. La tragica falce del triste mietitore colpì duro nell’entropia del caos. Sliding doors e sei salvo, sliding doors e sei morto. In mezzo il caso. La metafisica del caso. Il vortice metafisico. Le porte della percezione. L’inarrestabile e irrisolubile arbitrio del caos. Nessuna prova certa, nessuna possibilità di certezza.

Immersi nel flusso, nell’arbitrio dell’incertezza, si sta come d’autunno sugli alberi le foglie scrisse l’immenso Poeta Giuseppe . Magnifico Lorenzo, tu che scrivesti il verso: “quanto è bella giovinezza che si perde tuttavia, del doman non c’è certezza” parlavi e parli ancora a noautri. Giuseppe, Lorenzo e e ora Filippo interrogateci fino a farci rispondere che la ineludibile morte allude sempre alla vita, in consecutio inestricabile. Grovigli del cuore, disordine e argine al caos, affetti e amori motori del fare. Essere qui e non esserci più. Apparire e scomparire. Linea d’ombra. Luce e buio. Parole di vivi fantasimi che diventano pensieri e memorie di altri fantasmi viventi. Color che vanno e color che restano. Coloro che tornano. Poeti e soldati omonimi. Volti ignoti di color che furono tra burrasche e sventure. Caddero sui fronti delle guerre fratricide di Homo sapiens indossando divise di diverso colore:

Guido, i’ vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento
e messi in un vasel, ch’ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio;

sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse ’l disio.

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Venimmo io e Tonino Sicano alle porte del cimitero di Ravanusa dove campeggiano le parole di Filippo. Volevamo incontrare Loredana e portare un saluto ad Eugenio che è dovuto partire troppo presto ed ora è sul tetto del mondo. Parlammo di lui assente ma come fosse ancora con e tra noi. Per noi. Cosa sia il parlare dei defunti e ai defunti lo confermammo conversando. Chi va per necropoli millenarie, città dei morti, sa cosa sia parlare con i defunti, coloro che non sono più si esprimono in tracce apparentemente mute lasciate da vivi. Lasciate dai vivi nel decoro del sepolcro o nella storia del gusto del vivente contestuale. Saper ascoltare e interpretare le loro parole. Parole umane, carnali, musicali e ragionate, riascoltare per un istante le risate e i lamenti di dolore. Ascoltare la muta pena. Vedere la pietà, quella di Michelangelo, simbolo di morte giovane, troppo giovane nel grembo della madre ancor più giovane.

Vedere lo sconquasso della morte residente condominiale, trasferita nella città dei morti. Cimiteri, cemento, lapidi scolpite, fotografie, cappelle, fiori, feticci, lumini, catene, lanterne. Arti varie cimiteriali. Chi come noi vuole la polverizzazione del caduto corpo morto non vuole nemmeno il cemento cimiteriale, non vuole allocarsi nella terra delle città dei morti. Volere la libertà della dispersione in acqua, terra, fuoco e aria delle ceneri significa essere precipizio chimico del mortale ma non di quell’afflato spirituale che si esprime in parole parlate, scritte, diffuse, rimembrate. Ecco, lasciateci così un dì, si diceva, in sparse polveri.

Atteniamoci ora ai fatti sciasciani. Questo 2021 in partenza con la sua scia di defunti ha festeggiato il primo centenario di Leonardo Sciascia. Ti recasti con persone care per le vie di Racalmuto fino alla dimora dello scrittore che fu recentemente venduta. Nella nebbia insolita del giorno di Natale, sotto nuvole compatte e intensa umidità, ci aggiravamo addunque insieme alle persone care per le strade vuote, immerse nel silenzio di Rahal Maut, che può essere tradotto dall’arabo “Villaggio morto” che lo trovarono accussì dopo una pestilenza.

La casa dove visse Leonardo Sciascia è ora luogo vivo, rivitalizzato, pieno di migliaia di libri che Giuseppe Di Falco, Gaetano Savatteri, Gaetano e Gigi Restivo mettono a disposizione di pubblica lettura, per un progetto che certamente avrà un futuro, le idee camminano sulle vive gambe delle persone. Un gatto curioso acquattato sul uno stendino intanto vigila, miagola il suo dissertare.

Color che furono sempre parlano a saperli ascoltare,
senza averne mai paura,
cari avi,
fantasmi immortali che siete in noi
proteggete l’insieme delle molecole mortali che furono il voi
come noi faremo con voi

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