ARGIMUSCO E PASSO DELLA FUTA: MONTAGNE INCANTATE (1943-2023)

Sicilia: memorie dell’altopiano. Atteniamoci a quel desiderio che scuote come corrente elettrica, filo che tesse in trama e rete, volontà trasmessa via ponti radio lungo linea foto-cellulare, che in poche ore, come una vampata, come un’onda di calore, come una fredda fonte che scorre, suggerisce di andare a osservare il cielo all’imbrunire del 31 luglio 2023. Cielo in cui sull’altopiano dell’Argimusco, sulle alture magiche dei Nebrodi boscosi, verdi e freschi perché folti di faggi e querce secolari, ci si saremmo potuti immergere nelle folti felci ad aspettare il tramonto solare e il sorgere lunare a piena sfera. Ciclicità planetaria che puoi ammirare dall’altura.

Una domanda s’impone ai pensieri dell’ascesa sui Nebrodi, poco a nord dell’Etna. Cosa si udì da quei 1200mt – tra i monoliti pareidolici scolpiti dal vento – la notte tra il 9 e 10 luglio 1943, quando sbarcarono tra i  flutti a ondate a decine di migliaia sulle spiagge tra Catania e Licata, per l’inizio della Campagna d’Italia, per sconfiggere il nazi-fascismo? Cosa udì la grande aquila di pietra, il volto imbronciato o la vergine di profilo in preghiera dell’Argimusco?

Il tempo – come il suono – cos’è se non un effimero scorrere di entità nello spazio, nel moto di pianeti in rivoluzione permanente, stelle fisse e brulicanti uomini sottostanti in muscolare e pensante azione dell’osservazione zodiacale? Cosa si udì lassù nelle terre di Montalbano Elicona che vedono le Eolie, quando partirono le prime bordate dei cannoni, i colpi dei moschetti, le raffiche delle mitragliatrici. Cosa giunse delle grida dei feriti, dei rantoli dei moribondi da entrambe le parti, in quella notte di boati, spartiacque per l’Europa intera, che dalle coste del Canale di Sicilia, in 12 mesi, giunse a grondare sangue fino alla vetta del Passo della Futa, tra Firenze e Bologna, sulla Linea Gotica? Sangue in breve rappreso, calcinate ossa sepolte ormai.

Echi del 1943…nell’agosto 2023. Suoni che vengono dal “piano” dal livello del mare e salgono dalle viscere del sottosuolo e dagli abissi sottomarini in 80 anni, che sembrano tanti ma che viviamo ancora in tempi e modi non riconciliati. Grida di aiuto di chi oggi compie la traversata del Canale di Sicilia in fuga e che si ammiscano nel tempo senza tempo con quelle dei naufraghi militi noti e ignoti.  Non bastano le generazioni e le personali elaborazioni a rifiutare il mostro, la bestia, i suoni e le grida della guerra. Per capire perché e per chi si muore non basta la pena muta.

Ci vogliono le argomentazioni collettive, ci vuole l’arte per dare forma alla conoscenza, per dare forma solida al pensiero di rifiuto per la violenza della guerra. Scolpire i pensieri liquidi delle emozioni può farlo il teatro, la letteratura, la musica, l’arte della mimesis e dell’evocazione degli spiriti. Ci vuole il tempo. Il tempo delle rappresentazioni teatrali catartiche, laiche e storico-politiche, riflessive della Compagnia Archiviozeta che mettono in scena da venti anni le tragedie greche. Da Eschilo a Sofocle, da Karl Kraus a Pier Paolo Pasolini, da Julio Cortàzar a William Shakespeare, da Fëdor Dostoevskij a Thomas Mann. Da due anni, la versione della Montagna incantata di Thomas Mann. Una trilogia liberamente tratta dal romanzo , rappresentata tra i sepolcri granitici dei 30mila soldati tedeschi sepolti a due a due nella terra del cimitero della Futa. I defunti della Linea Gotica tra il luglio e il novembre del 1944. Tutti giovani poco più che ventenni dei reparti di fanteria e delle Panzer divisioni germaniche caduti per l’ecatombe mondiale, caduti sotto il fuoco alleato partigiano e anglo americano. Caduti anch’essi a migliaia nell’ecatombe peninsulare.

La morte è sopravvalutata, è la vita che porta il piacere e la sofferenza, veniamo dall’oscurità e andiamo nell’oscurità. Cimiteri su cimiteri in altura e al piano. Da quello altrettanto germanico di Motta Sant’Anastasia nella valle del Simeto, con i suoi più di 4000 sepolti a seguito dello sbarco in Sicilia, fino al Cimitero della Futa. Dai sepolcri dei primi eccidi nazisti in Italia: Canicattì, 12 luglio 1943 con le sei vittime, a quello di Castiglione di Sicilia tra il 12 e 16 agosto con le 16 vittime; Sant’Anna di Stazzema il 12 agosto del ’44 con le 560 vittime e Marzabotto, Monte Sole, dal 29 settembre a 5 ottobre con 1830 vittime.

A Motta Sant’Anastasia, in piano, in uno di quei riquadri di granito, compare il nome di Luz Long, il biondo e atletico centometrista delle Olimpiadi di Monaco, amico di Jesse Owens, fratello nero che vinse la medaglia d’oro con disappunto del Führer, che ancora nel 1936 avrebbe potuto fermare l’ecatombe mondiale, ed evitare che Luz – con tutti gli altri – perisse il 14 agosto del ’44 per le ferite riportate in battaglia a Biscari.

All’Argimusco spira un vento a 40 nodi nella sera del 31 luglio 2023 che non consente di porsi al riparo, mentre il sole scende e la luna rossa sale, tra le nebbie del picco di Novara di Sicilia che guarda Castiglione, guarda Sant’Anastasia e che spira nel tardo pomeriggio alla Futa il 20 agosto sotto il sole delle 17:30, quando inizia la rappresentazione della seconda parte della Montagna Incantata di Archivioseta.

La montagna non è solo un posto dove l’aria è rarefatta e si attende la guarigione, ma un luogo in cui danzare con il tempo; a volte con e a volte contro. Nel sanatorio Berghof di Davos, posto sopra «il piano» dove vivono gli altri (i sani) e dove si svolgono le cose della vita, avviene uno strano e “magico” distaccamento. E Mann “gioca” a inserire infinite possibilità negli spazi che si aprono tra l’aria rarefatta e i discorsi dei due maestri che si contendono l’anima del giovane Castorp. Ed è proprio questa la storia che lo scrittore mago decide di raccontare, e può farlo solo procedendo per accumulazione e accrescimento. Di qui La montagna magica (incantata) in seicentosettantasei pagine che diventa trilogia teatrale per il centenario dell’opera: 1924…2024.

All’Argimusco la terra fa tramontare il sole e sorge la luna piena, alla Futa, nella ciclicità che crea il tempo e i pianeti, oltre le tombe a occidente, scompare il sole e sorge una falce di luna, come accade nei milioni di anni. Spira il vento a tesa brezza e appare in piedi sul muretto, in divisa verde color buccia di mandorla non ancora matura, lo spirito di Joachim Ziemssen, il soldato della Montagna incantata, vittima della Prima ecatombe mondiale del ‘900, secolo maledettamente breve e lungo per la scia di morte e dolori che richiede memoria, vigilanza, invoca giustizia. Richiede il lavoro paziente e tenace di Archiviozeta, un’idea precisa e sperimentale di teatro, il coraggio, la cultura, la testardaggine e le capacità che si consolidano con il tempo, nel tempo senza tempo.

Dedicato a Tonino, Carlo, Paolo, Jacopo, Enrica e Gianluca

Foto dello spettacolo La montagna incantata per gentile concessione di Archiviozeta

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